Proposte di lettura DCD

MARZO 2021

La proposta di questo mese è particolarmente significativa per noi.

Infatti l’Associazione Donna Chiama Donna inizia una preziosa collaborazione con la Biblioteca Bertoliana, che ringraziamo, che prevederà la condivisione sui rispettivi canali social di proposte di lettura che riguardano il femminile a 360 gradi.

Consigliamo quindi la lettura di un libro molto importante, che riporta l’attenzione sulle donne e su cosa significa essere donne all’interno della nostra società, stimolando una riflessione che speriamo non si esaurisca una volta trascorsi i festeggiamenti del mese di marzo, ma che possa portare a una valorizzazione delle donne che vada oltre l’eccezionalità di una ricorrenza, per stabilirsi invece solidamente nella normalità e nella quotidianità.

Stiamo parlando del libro “Le conseguenze: i femminicidi e lo sguardo di chi resta” di Stefania Prandi – Ed. Settenove.

Il fenomeno dei femminicidi viene troppo spesso considerato da un punto di vista emergenziale mentre invece sarebbe necessaria una valutazione molto più ampia e strutturale rispetto a tutto ciò che viene prima del femminicidio. Solo per fare un esempio, ultimamente si è molto parlato delle quasi 100.000 donne che hanno perso il lavoro in Italia durante la pandemia. Questo è accaduto, fra le altre cose, principalmente per la necessità che si è creata di doversi occupare dei figli rimasti a casa da scuola. Questo automatismo, risalendo ancora di un passo indietro nel concatenamento delle cause, avviene perché la nostra società ritiene che sia scontato che i compiti di cura siano un appannaggio femminile e perché non esistono strutture a sostegno di questo aspetto, che ricade quasi esclusivamente sulle donne. Purtroppo, la mancanza di indipendenza economica è uno degli elementi intrinsecamente legati alla violenza di genere e ai femminicidi. Non che la libertà passi attraverso il denaro, ma che sia legata all’autonomia finanziaria, questo è innegabile.

Quindi i quesiti che è necessario porsi sono di ben più ampio respiro e riguardano l’inadeguatezza dell’intero sistema nel sostenere le donne nel modo più giusto e completo; riguardano la necessità di un cambiamento profondo del pensiero e delle parole, affinché si modifichino le modalità di comunicazione e vengano eliminati gli stereotipi e i pregiudizi, un cambiamento questo che passa necessariamente attraverso un’attività culturale e di prevenzione da compiere su larga scala e capillarmente a partire dai giovani e dalle scuole; riguardano il bisogno di interventi di formazione massiva da mettere in campo con tutti i soggetti che si occupano di violenza di genere, non solo gli operatori dei centri antiviolenza, ma anche i servizi socio-sanitari, le forze dell’ordine, la magistratura, settori dove ancora non ci sono strumenti e competenze sufficienti non solo per trattare la violenza di genere, ma nemmeno per riconoscerla; riguardano il giornalismo, che utilizza troppo spesso un linguaggio non appropriato e che punta al sensazionalismo e alla spettacolarizzazione del dolore, senza approfondire veramente la complessità delle situazioni; riguardano l’esigenza di un ribaltamento di prospettiva, che non scarichi tutto il peso di agire su chi la violenza la subisce, all’insegna dei vari slogan del tipo “rompi il silenzio”, ma che faccia leva piuttosto sugli autori della violenza, affinché smettano di compierla.

Non si può demandare la risoluzione del problema della violenza di genere esclusivamente alla giustizia riparativa, che comunque non è ancora completamente attrezzata allo scopo e costituisce solo l’ultimo tassello di un percorso che parte da molto lontano; prima ancora è necessario un cambiamento profondo della cultura e della società, un cambiamento a cui siamo tutti chiamati e di cui siamo tutti responsabili.

Questo libro è un urlo: impossibile non sentirlo.

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